Verba volant

Oggi consumo e produzione si stanno evolvendo radicalmente. Usando un modello molto semplice, un prodotto è un qualsiasi artefatto creato da un produttore e consumato da un consumatore. Normalmente passa del tempo tra la produzione e il consumo di un artefatto e tra il consumo di un artefatto e il consumo di un nuovo artefatto da parte di un consumatore (non importa se dello stesso tipo o meno). Per esempio: compro un vestito e dopo un anno, quando sarà da buttare, ne comprerò uno nuovo. Già appunto nell'ambito della moda si nota come l'intervallo di tempo tra le produzioni è diminuito notevolmente, vedasi le discariche di vestiti invenduti nei paesi del cosiddetto terzo mondo, ma ciò che più caratterizza la nostra epoca è un particolare tipo di produzione e consumo di artefatti culturali.

Oltre alla diminuzione del tempo tra le produzioni, tra la produzione e il consumo (vedasi Amazon o in generale l'acquisto via web) e tra i consumi, c'è un'altra considerazione che mi porta a chiamare la situazione attuale di iperproduzione e iperconsumo. Si consideri un social network tipico: alcuni utenti, pochi rispetto al totale, producono i contenuti più consumati. Questi vengono iperprodotti, cioè per essere prodotti necessitano, per definizione del loro processo produttivo, di avere un flusso continuo di produzione: un singolo post o video difficilmente diventerà prodotto, o non lo resterà a lungo. Al contrario in passato anche un solo libro di un autore poteva essere prodotto una sola volta e consumato infinite volte. Dopo essere iperprodotti, i contenuti vengono iperconsumati: cioè non basta consumare un contenuto, ma bisogna continuare a consumare un flusso di iperprodotti per definizione stessa dei prodotti. Per esempio, un libro può essere riletto: difficilmente si interagisce più volte con un contenuto culturale odierno, o perlomeno si tende a farlo per un breve periodo senza smettere di consumare nuovi contenuti iperprodotti.

In questo mondo fatto di iperconsumo e iperproduzione, si sta perdendo la dimensione personale dell'agire. Fare qualcosa per il gusto di farla, per sé e basta, è un'attività quasi scomparsa. Qualsiasi attività diventa un prodotto: visitare una città diventa condividere immagini della visita sul web, giocare a un videogioco diventa mostrare ad altri come si gioca.

La pratica di fotografare per avere un oggetto fisico da riesumare in futuro, a proprio uso e consumo, sta scomparendo, in favore di una versione digitale, che dunque richiede un costante impegno per essere mantenuta in vita: server sempre accesi o condivisione delle immagini che poi si perdono, rendendo l'atto di fotografare fine solo a questa condivisione.

Similmente il gioco: come ci ricorda l'etimoglogia [1] il gioco è uno scherzo, un "gettare via". Ma che cosa si gettava via giocando? Forse quello che si gettava era la serietà, il dover fare qualcosa per qualcosa d'altro come fama, soldi o semplicemente approvazione altrui.

Un'alternativa per non rinunciare alle comodità della vita moderna potrebbe essere usare il mezzo virtuale, computer o smartphone che sia, come passaggio intermedio, finalizzato alla memorizzazione rapida ma temporanea delle informazioni, per poi stampare su carta scritti e immagini o registrare musica su CD-ROM. Scripta manent.

[1] https://www.etimo.it/?term=giuoco


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