Uomo avvisato, mezzo salvato

La vita si barcamena tra un disastro naturale e l'altro, tra periodi di calma piatta e intensi "progressi", come si ama chiamarli. Iniziamo con lo specificare che, come dovrebbe risultare ovvio, la vita, né tantomeno la natura, dà una connotazione in positivo o in negativo al progresso o alla stabilità. Semplicemente accade. Dev'essere veramente miope quell'uomo che, nella ricerca della conoscenza, si concentri solo sugli ultmi due o trecento anni, ma anche solo sugli ultimi tremila, dato che le forme di vita sono esistite ben più a lungo di quanto sia esistita la cultura. Dunque identificare con la rapida accelerazione della cultura il bene assoluto, giungere perfino a identificare uno scopo in tutto questo, perde di singiificato non appena si allarghi leggermente l'orizzonte.
Dunque, miei cari ecologisti: avete ancora da ridire?
Tra cinquecento anni saremo, anzi saranno, ancora qui a discutere su come liberarsi dallo scarto del "progresso" culturale che sarà di moda in quel momento. Scorie nucleari, oppure resti di pannelli solari o altri problemi della cui esistenza nemmeno siamo in grado di renderci conto. Non è forse questo l'atteggiamento stesso che critichiamo ai nostri progenitori?
Mi si additerà come pessimista: sono in realtà ottimista. Ci sono milioni di possibili scenari differenti da questo, solo pochi contemplano la sopravvivenza della vita, ancora meno della vita umana e ancora meno della cultura.
Uomo avvisato, mezzo salvato.


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